La scuola epicurea parte dal presupposto dottrinale che noi siamo infelici perché spesso, dominati dalle passioni, DESIDERIAMO BENI CHE NON È NECESSARIO DESIDERARE, e TEMIAMO MALI CHE NON È NECESSARIO TEMERE. Si tratta quindi di desideri e timori esagerati e non giustificati, che ci creano continue ansie e preoccupazioni e ci rendono infelici. La terapia filosofica consiste allora nell’imparare ad operare APPLICANDO CONTINUAMENTE LA REGOLA DI VITA FONDAMENTALE (kanón) dell’epicureismo, da tenere sempre ‘a portata di mano’ (prócheiron). Essa afferma che per LIBERARCI DAI DESIDERI ESAGERATI, dobbiamo sempre distinguere tra desideri naturali e necessari (da perseguire sempre), desideri naturali e non necessari (cui al limite possiamo rinunciare), e desideri non naturali e non necessari (cui è bene rinunciare). E afferma anche che possiamo LIBERARCI DAI TIMORI INGIUSTIFICATI, quali la paura della morte (perché quando noi ci siamo la morte non c’è, e quando la morte c’è noi non ci siamo più) o della collera degli dei (i quali nella loro eterna beatitudine certo non si curano di noi). In questo modo potremo raggiungere la guarigione dell’anima, l’assenza di turbamenti interiori (ataraxía), e L’UNICO VERO PIACERE: IL PIACERE DI ESSERE AL MONDO, il piacere di esistere, accompagnato da un sentimento di gratitudine verso tutte le cose. Si tratta quindi di giungere gradualmente ad un profondo cambiamento di prospettiva, mediante la continua MEDITAZIONE DELLA REGOLA FONDAMENTALE e un continuo ESERCIZIO INTERIORE DI ATTENZIONE (prosoché) a noi stessi e a ciò che ci accade qui e ora,. Va cercata deliberatamente la distensione e la serenità: occorre che fissiamo deliberatamente lo sguardo sulle cose belle e piacevoli dell’esistenza, e che riconosciamo QUANTO È GRANDE E MERAVIGLIOSO IL PIACERE CHE POSSIAMO TROVARE NEL MOMENTO PRESENTE. In questo modo svilupperemo gradualmente una gratitudine profonda verso la vita, che in ogni suo istante può donarci gioia e felicità (eudaimonía), se sappiamo coglierle.
Dato che l’etica antica consiste in un
certo numero di Scuole in cui vari filosofi propongono differenti modi di vita
accompagnati da dottrine su come condurre di fatto una esistenza felice, serena
e ben riuscita, è naturale che essi intendano che tali dottrine non restino
esclusivamente a livello teorico, ma che abbiano efficacia nella pratica e
vengano considerate come concrete istruzioni di comportamento da applicare
nella vita di tutti i giorni e nei singoli casi dell’esistenza.
Questo è il motivo per cui molti antichi
filosofi morali ritengono che l’arte di vivere non possa realmente essere
appresa solo mediante discussioni teoriche, insegnamenti ed enunciazioni di
principio, ma invece occorra anche ESERCITARSI fattivamente (áskein, áskesis,
‘ascesi’‘; meleté, esercizio, meditazione). Molte scuole hanno pertanto ideato
vari esercizi, chiedendo ai loro seguaci di praticarli il più spesso possibile
al fine di ottenere un reale cambiamento interiore e una concreta abitudine ad
agire costantemente in modo etico. Si tratta insomma di esercizi destinati a
coinvolgere tutta la persona in una TRASFORMAZIONE INTEGRALE DEL MODO DI ESSERE
E DI VEDERE LE COSE.
In generale, può trattarsi di VARI TIPI
DI PRATICHE che vengono considerate, per l’anima del praticante, analoghe
all’allenamento di un atleta o alla cura prescritta da un medico. Pratiche di
ordine FISICO, come ad esempio il regime dietetico o del sonno, la resistenza a
bisogni corporei come fame, sete, freddo, e così via. Pratiche come DIALOGHI E
MONOLOGHI: dialogo con altri (dialogo costruttivo tra maestro e discepoli
all’interno di una scuola, o anche dialogo nella forma strutturata della
discussione dialettica, particolarmente in auge nella Accademia platonica); e
dialogo con sé stessi (monologo, monologhía), nella forma della riflessione,
della introspezione, della meditazione, dell’esame di coscienza. Pratiche di
tipo IMMAGINATIVO, con le quali il discepolo suscita in sé volontariamente
delle rappresentazioni atte a modificare gradualmente la sua visione delle cose
ed il proprio comportamento. Ed infine pratiche di tipo CONTEMPLATIVO; sulla
importanza della contemplazione (theoría) insiste in modo particolare
Aristotele.
Naturalmente ciascuna Scuola filosofica,
sulla base delle proprie dottrine, sviluppa la tematica degli esercizi con
varie pratiche riproducibili da ciascuno dei seguaci, allo scopo di rafforzarne
e renderne il più possibile continuativa l’ascesi e la terapia dell’anima. In
tale sviluppo si distinguono nell’età ellenistica, per la loro importanza, la
scuola epicurea e quella stoica, a cui ora accenneremo.
Come si è visto nei post precedenti,
tutte le scuole e le filosofie morali dell’epoca classica fanno appello,
esplicitamente o implicitamente, a un LAVORO SU SÉ STESSI, alla ‘CURA DI SÉ’’:
cioè, fanno appello alla interiorità della persona. Esse rientrano tutte in un
tipo di etica basata sulla INTERIORITÀ, cioè su scopi interiori e su
disposizioni d’animo interiori come la ‘felicità’ e la ‘eccellenza (virtù)
nell’agire e nel pensare’.
In questo modo il problema etico di
fondo si incentra appunto su domande interiori quali: “COME POSSO ESSERE
DAVVERO FELICE? QUAL È IL MODO MIGLIORE IN CUI POSSO VIVERE? Come posso
riuscire ad avere una vita buona e degna?”. E quindi anche la valutazione
se una data azione sia etica o meno riguarda la interiorità di chi agisce:
“quale è, o era, la mia (la sua) intenzione interiore nel compiere quella
azione?”.
Questo tipo di etica è comune non solo
ai sistemi etici dell’antichità greco-romana (l’etica aristotelica ne è un
tipico esempio), ma anche a quelli della filosofia cristiana medioevale, ivi
inclusa la dottrina etica di San Tommaso, il più grande rappresentante della
filosofia della Scolastica medioevale, e attento studioso e commentatore di
Aristotele (e ‘cristianizzatore’ della sua filosofia).
Invece tutta l’impostazione dell’etica in auge negli
ultimi secoli differisce molto dall’etica antica: essa non si pone più come una
arte di vivere che indirizzi il comportamento concreto delle persone, e meno
che mai si pone come una terapia basata su un lavoro interiore che curi l’anima
e perfezioni la condotta di vita di ciascuno dei seguaci. E infatti gli
argomenti trattati dalle etiche moderne mirano soprattutto ad analizzare o
fondare principi e regole di comportamento assoluti: “quali sono le norme
oggettive e universali del giusto agire?”. E quindi anche la valutazione se una
azione sia etica o meno guarda in particolare al comportamento oggettivo del
soggetto che agisce: “la sua azione è (era) conforme alle norme universali
del giusto agire?”. Perciò concetti fondamentali per le etiche antiche,
quali felicità, virtù, sommo bene, discussi a fondo ad esempio nelle dottrine
di Platone, di Aristotele, o di Seneca o di Plotino, non si ritrovano se non
marginalmente in opere moderne di filosofia morale, anche se di grande spessore
come ad esempio quelle di un sommo filosofo come Kant.
Oggi però si può notare in vari filosofi
e studiosi di etica una rivalutazione dell’etica dell’interiorità e della
virtù, e più in particolare dell’etica di Aristotele (anche da parte di un
economista premio Nobel come Amartya Sen). Una rivalutazione che nasce anche
dalla considerazione che, se è vero che spesso regole etiche universali sono
indispensabili in molti settori della vita, è anche vero che alla fine le
regole devono essere radicate in qualcosa di più profondo, e cioè nella
interiorità delle persone e nella loro potenziale capacità di gestire al meglio
la propria vita etica con la virtù della saggezza pratica.
E’ una tendenza, questa, che oggi si è fatta strada in
molti settori della vita, anche al di fuori degli studi di etica. Si inizia a
capire che IN TUTTI I SETTORI, ANCHE LAVORATIVI, È OPPORTUNO FARE APPELLO ALLA
LIBERA INTERIORITÀ DI CIASCUNO, COME FONTE SPONTANEA E INESAURIBILE DI CONDOTTA
ETICA E DI ECCELLENZA NELL’AGIRE. Sono concetti che appaiono alla base di molti
metodi moderni di crescita e sviluppo personale, e perfino di molte moderne
tecniche di gestione e motivazione aziendale che fanno RIFERIMENTO AL LIBERO
ENTUSIASMO DELLE PERSONE, ALLA LORO RESPONSABILITÀ E ALLA LORO TENDENZA
COSTANTE VERSO LA FELICITÀ E LA VIRTÙ.
L’impostazione dell’etica filosofica come 𝐠𝐮𝐢𝐝𝐚 𝐚𝐥𝐥’𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 è rimasto costante in tutta l’antichità, e ne costituisce la caratteristica di fondo. Perciò gli insegnamenti dei vari filosofi classici non mirano tanto ad illustrare accademicamente una nuova dottrina morale, quanto a modificare per quanto possibile la personalità dei loro ascoltatori o dei loro lettori, fino a produrre in essi una vera e propria trasformazione: un 𝐜𝐚𝐦𝐛𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 radicale e profondo (metánoia), atto a raggiungere realmente quella 𝐟𝐞𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭𝐚’ dell’anima o quella 𝐭𝐫𝐚𝐧𝐪𝐮𝐢𝐥𝐥𝐢𝐭𝐚’ dello spirito che non devono restare parole vuote, ma realizzarsi nella concretezza del la vita quotidiana. L’obiettivo è quello di condurre ciascuna persona a condurre una esistenza piena e armoniosa, una esistenza di successo. Un successo innanzitutto interiore, da realizzare mediante lo sviluppo di disposizioni interne eccellenti e stabili: 𝐥𝐞 𝐯𝐚𝐫𝐢𝐞 𝐯𝐢𝐫𝐭𝐮’ (aretái), e in primo luogo la saggezza (phrónesis) e la sapienza (sophía). Naturalmente, i vari pensatori hanno proposte diverse tra loro circa i mezzi concreti con cui raggiungere tale obiettivo. Vi sono varie correnti di pensiero che dopo Socrate danno origine a vere e proprie istituzioni scolastiche, talvolta durate anche diversi secoli. E ciascuna scuola filosofica si caratterizza innanzitutto proprio per il particolare 𝙢𝙤𝙙𝙤 𝙙𝙞 𝙫𝙞𝙩𝙖 𝙥𝙧𝙖𝙩𝙞𝙘𝙤 (háiresis) che essa persegue, e a cui aderiscono i suoi discepoli; modo di vita che implica una visione del mondo e dell’esistenza che viene spiegata e giustificata da una particolare dottrina etica sua propria, diversa dalle altre, che può essere scritta o anche solo esposta verbalmente ai propri ascoltatori. Ora, essendo soprattutto orientate verso la pratica quotidiana, le scuole filosofiche dell’antichità e le loro dottrine etiche hanno l’obiettivo di ottenere un preciso vantaggio per i seguaci che le mettono in pratica: il vantaggio di curare (therapeúein, therapía), purificare e perfezionare l’anima, di correggere eventuali errori nella condotta di vita, e di giungere in tal modo ad agire in modo adeguato, buono e giusto. L’etica antica si configura quindi come 𝙪𝙣 𝙨𝙖𝙥𝙚𝙧𝙚 𝙥𝙧𝙖𝙩𝙞𝙘𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙜𝙪𝙖𝙧𝙞𝙨𝙘𝙚 𝙡’𝙖𝙣𝙞𝙢𝙖. Nelle varie correnti filosofiche, pur nella loro diversità, questa funzione di ‘terapia’ attribuita al sapere etico sostanzialmente non manca mai. Talvolta essa rimane solo implicita nella trattazione teorica, ma altre volte viene espressa in modo esplicito (lo stoicismo, ad esempio, equipara l’etica a un farmaco che cura l’anima delle persone, così come la medicina ne cura il corpo). In tutta la filosofia della Grecia classica – e ciò è particolarmente evidente nelle grandi scuole di età ellenistica come lo stoicismo e l’epicureismo – l’etica è in gran parte 𝙪𝙣𝙖 𝙩𝙚𝙧𝙖𝙥𝙞𝙖 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙥𝙖𝙨𝙨𝙞𝙤𝙣𝙞 𝙙𝙞𝙨𝙤𝙧𝙙𝙞𝙣𝙖𝙩𝙚, volta cioè ad eliminare la principale causa di sofferenza e di disarmonia interiore dell’essere umano costituita appunto da tali passioni: da un lato le 𝐛𝐫𝐚𝐦𝐞, dall’altro le 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐞, ambedue 𝐞𝐬𝐚𝐠𝐞𝐫𝐚𝐭𝐞 𝐞 𝐢𝐫𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢. Si arriva allora, in alcuni casi, ad utilizzare anche forme di consulenza filosofica e di consiglio personalizzato, e a fornire tecniche specifiche per la ‘terapia’ del carattere. Epicuro, ad esempio, teorizza il ruolo terapeutico della parola e del dialogo, ed applica la pratica del rapporto aperto tra maestro e discepolo e dei discepoli tra loro, con tecniche di ‘confessione’ dei propri errori e delle proprie manchevolezze.
“Socrate non faceva disporre sedili per
gli ascoltatori, non si sedeva in alto su una cattedra professorale, non aveva
un orario fisso per discutere o passeggiare con i suoi discepoli. Ma scherzando
con loro, bevendo o andando alla guerra o all’agorá, e alla fine andando in
prigione e bevendo il veleno, egli ha filosofato. E’ stato il primo a dimostrare
che, con ogni tempo e in ogni luogo, in tutto quello che ci accade e in tutto
quello che facciamo, la vita quotidiana ci dà la possibilità di filosofare”.
“Zenone di Cizio si era recato ad Atene
all’età di trenta anni, e un giorno sedette nella bottega di un libraio. Costui
leggeva il libro di Senofonte sui ‘Detti memorabili di Socrate’, e Zenone ne
provò una tale gioia che chiese dove mai si potessero trovare uomini come
Socrate. In quel momento in strada passava Cratete e il libraio glie lo additò
dicendo: “segui quell’uomo”. Da allora Zenone divenne discepolo di Cratete, e
il suo spirito si convertì totalmente alla filosofia”.
“Cratete era un filosofo della
scuola cinica, di cui non si sa molto dato che le sue opere sono andate
perdute. Sempre sereno ed estroverso, sempre totalmente disponibile verso gli
altri, “aveva rinunciato alle sue ricchezze affidandole ad un banchiere, cui
aveva raccomandato di darle ai suoi figli se si fossero dimostrati sciocchi e
incolti, e di darle invece ai poveri se i suoi figli si fossero dimostrati
filosofi; perché i suoi figli, se si fossero dedicati alla filosofia, non
avrebbero avuto bisogno di nulla”.
“Dal canto suo Zenone, dopo essere
stato discepolo di Cratete, fondò la scuola stoica, la quale con varie vicende perdurò
per molti secoli fino alla caduta dell’Impero romano. E Zenone racconta che
“Cratete, seduto nella bottega del calzolaio Filisco, un giorno dava lettura
del ‘Protreptico’, una ‘esortazione alla filosofia’ scritta da Aristotele e
dedicata a Temisone re di Cipro. In essa Aristotele faceva presente al re che
nessuno era in condizioni migliori delle sue per dedicarsi alla filosofia, dato
che oltre una buona fama aveva anche una grande ricchezza da poter dedicare a
tale scopo. Mentre Cratete leggeva, il calzolaio seguiva con molta attenzione,
pur continuando a occuparsi del suo lavoro; al che Cratete disse: “Filisco,
credo proprio che anch’io scriverò un ‘Protreptico’ e lo dedicherò a te, perché
vedo che tu hai per la vita filosofica doti migliori di quel re per il quale lo
ha scritto Aristotele”.
Questi episodi, riportati da fonti
antiche, possono aiutare a comprendere quale fosse la concezione della
filosofia originata nella Grecia classica e proseguita poi nel periodo
ellenistico ed in quello dell’impero romano: essa consisteva innanzitutto in una
scelta di vita che chiunque, anche un umile calzolaio,
poteva abbracciare, dato che non si trattava di comprendere necessariamente
tutte le sottigliezze di una dottrina filosofica, ma di vivere secondo essa.
Socrate era stato l’iniziatore di questo modo di intendere la filosofia, e
nell’antichità ne era unanimemente riconosciuto come l’incarnazione stessa.
Egli non lasciò nulla di scritto e non elaborò un suo sistema dottrinale
compiuto, ma ‘visse’ la filosofia nelle strade di Atene ogni minuto della sua esistenza,
nel costante interrogare sé stesso e gli altri perseguendo il bene umano
proprio e altrui.
Una concezione lontana da quella dei
giorni nostri, secondo la quale ogni dottrina filosofica è sostanzialmente una
costruzione sistematica astratta, più o meno originale, che non sempre ha
relazione diretta con il modo di vivere del filosofo e dei suoi lettori o
seguaci. I filosofi antichi, dal canto loro, potevano anch’essi arrivare ad
elaborare straordinarie e complesse speculazioni teoriche (basti pensare a
Platone o ad Aristotele); ma da tali speculazioni essi derivavano pur sempre
delle conseguenze concrete sull’esistenza buona da condurre, sul modo di vita
giusto da adottare, innanzitutto da parte di loro stessi. Si trattava insomma
in primo luogo di vivere da filosofi, e solo in via secondaria di
teorizzare da filosofi.
La filosofia come scelta di vita,
quindi: e pertanto essenzialmente come un’etica, perché anche le varie
riflessioni filosofiche generali che i vari autori potevano svolgere circa il mondo
e la natura, o circa il modo umano di conoscere e di ragionare, erano assai
spesso funzionali a giustificare in ultima analisi una data dottrina etica,
cioè una dottrina relativa all’arte di vivere (téchne toû
biou, ars vivendi), guidata dalla ragione. Ed esattamente così, ad esempio,
Aristotele concepisce la filosofia, esortando ad essa nel suo Protreptico
citato prima.
Nei prossimi post analizzeremo un poco
più in dettaglio questa concezione classica delle dottrine etiche, con
particolare riguardo a quella espressa da Aristotele.